L’attaccamento prenatale è quel particolare legame che i genitori sviluppano verso il feto
durante il periodo della gravidanza.Diversi studi sullo sviluppo psichico infantile condotti nel
secondo dopoguerra – tra i quali quelli di Winnicott (op. cit.) e Bowlby (op. cit.) hanno documentato
il ruolo fondamentale della relazione tra il bambino ed il care giver . Hanno inoltre dimostrato nei
neonati, oltre a competenze percettive, motorie e comportamentali in precedenza misconosciute,
anche importanti capacità di attivarsi verso le figure di accudimento ed interagire con loro (Stern,
1998). Studi successivi sullo sviluppo fetale hanno dimostrato che il feto è attivo e reattivo, in grado
di apprendere e di interagire con gli stimoli provenienti dal corpo materno e dall’ambiente.
Winnicott (1958), introducendo il concetto di preoccupazione materna primaria e con i suoi
studi sui primissimi stati mentali, ha evidenziato per primo come la relazione in oggetto abbia
origine prima della nascita nell’impegno affettivo che la mente genitoriale sviluppa verso il
bambino atteso. Bowlby (1969) con la sua teoria dell’attaccamento ha descritto la tendenza innata del bambino a ricercare la vicinanza, l’attenzione e le cure del genitore, e la corrispettiva necessità che nel genitore si sviluppi una pari tendenza e disponibilità all’attaccamento verso il bambin. Ai nostri giorni la possibilità di monitorare la fisiologia della gravidanza con indagini ed esami diagnostici ecografici – ora anche tridimensionali – o con le nuove tecnologie ostetriche
(amniocentesi, cardiotoconografia computerizzata, ecc.) consente non solo agli studiosi, ma anche alla madre e alla coppia, di seguire direttamente lo sviluppo della vita intrauterina del loro bambino e di sentirsene intensamente partecipi (Legros, 2003). Questo incrementa la loro disponibilità ad affinare la capacità di intervenire affettivamente e positivamente nella relazione comunicativa che promuove lo sviluppo del feto dapprima, e del neonato e del bimbo successivamente (Sarto, Righetti; Venturini, 1998).
Vedere il proprio bambino è un momento importante per lo sviluppo delle capacità genitoriali;
ancora più significativo per la coppia è il vederlo assieme. Vedere inoltre che il proprio bambino
cresce normalmente rassicura i genitori, soprattutto la madre, preoccupata spesso da pensieri su
possibili malformazioni fetali. Molto spesso, infatti, le coppie non chiedono spontaneamente il
sesso del nascituro, concentrate sul valore diagnostico dell’esame volto a rassicurare sul benessere del feto.
Secondo Stern (1998) il processo relativo alla creazione del bambino immaginario, che
attraversa l’intera gravidanza, ha inizio generalmente dopo il terzo mese, quando dalle immagini
diagnostiche si sono avute conferme del regolare procedere dello sviluppo. In questa fase la
maggior parte delle donne comincia a fantasticare sulle caratteristiche fisiche e psicologiche del
figlio; tra il quarto e il settimo mese si costruisce un’immagine sempre di più realistica del proprio
bambino, perfetta od angosciante per possibili malformazioni (Brazelton, Cramer, Fornari, 1991).
Attualmente è possibile per i genitori seguire e partecipare in tempo reale a tutte le
conoscenze mediche di sviluppo del proprio bambino; tutte queste informazioni hanno un notevole
impatto d’influenza sulla relazione e costituiscono un’importante funzione di modulazione nelle
comunicazioni intercorrenti tra gestante e feto. Naturalmente in questi processi di apprendimento – del tutto inconsapevoli e riguardanti le
prime memorie implicite – è estremamente difficile determinare quali siano esattamente i significati
dei messaggi emessi dalla madre, né come questi vengano codificati dalla mente del feto o quali
strutture mentali si generino. È indubbio, però, il loro valore e ciò rende il campo di indagine
estremamente interessante e in parte ancora da scoprire.
Durante il 5° mese di gravidanza i movimenti fetali solitamente diventano chiaramente
percepibili dalla madre: ciò è assai più decisivo rispetto alla partecipazione ecografica in merito alla
fonte di stimoli e al lavoro emotivo che compie la donna nel modulare la comunicazione verso il
feto.
Il lavoro di adattamento della gestante in questi momenti è molto importante: la donna prende
atto di una presenza viva e autonoma da lei nel suo corpo, interiormente ella va in contro a una
riorganizzazione delle proprie relazioni interne per prepararsi alla separazione richiesta con l’evento
della nascita (Bibribg, 1959; Pines, 1972/1982). Fino a questo momento madre e bimbo sono stati
un’unità; d’ora innanzi viene avvertita la presenza di un altro essere ed è qui che nasce la possibilità
di una prima forma di attaccamento (Brazelton e Cramer, 1991).
L’idea dell’esistenza di una relazione di attaccamento tra una madre ed il feto non è, come si
potrebbe pensare, uno sviluppo recente nell’ambito della psicologia della gravidanza; Deutsch
(1945) fu il primo a supporre che l’attaccamento potesse iniziare durante la gestazione. Rubin
(1975) ipotizzò l’esistenza di quattro “compiti” legati alla gravidanza:
1. la ricerca di una transizione sicura per sé e per il nascituro;
2. l’assicurarsi che il nascituro venga accettato dalle persone significative della propria
famiglia;
3. il creare un legame (binding-in) con il proprio bambino sconosciuto e
4. l’imparare a donarsi. Il concetto di Rubin (1975) di “legame” (binding-in) è piuttosto
simile a quello di “relazione” (bonding) e si è evoluto nel costrutto di attaccamento
prenatale. Nell’ambito della letteratura sull’accudimento, l’attaccamento prenatale è stato
definito come «la singolare relazione di amore che si sviluppa tra una donna e il suo feto»
(Muller, 1993).
Soldera afferma che il feto si sviluppa all’interno del corpo materno, nutrendosi di tutto ciò
che la madre gli offre, a livello chimico-biologico e anche a livello psico-emotivo. Scrive Soldera
(2000) «Tutto ciò che la madre vive, il bambino lo vive con lei». Ed ancora: «l’utero non è solo la
prima culla per il bambino ma è anche il suo primo vero mondo e il modo in cui lo sperimenta
incide sulla formazione della sua futura personalità».
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Niederhofer & Reiter (2004) dimostrano come lo stress vissuto dalla madre durante la
gravidanza, se continuato ed intenso, danneggia enormemente lo sviluppo del feto, arrivando ad
influire negativamente su di esso persino a livello di formazione del sistema nervoso e influendo, a
lungo termine, anche sulla sua componente temperamentale.
Negli ultimi vent’anni è andato sempre più amplificandosi l’interesse di studio sulle fasi
dell’evoluzione prenatale, con particolare attenzione al rapporto che i genitori sviluppano, in uno
spazio intermedio tra fantasia e pensiero, verso il bambino atteso. Quest’area di indagine esplora il
complesso degli atteggiamenti, comportamenti, rappresentazioni cognitive e fantastiche che si
sviluppano nella mente dei genitori nei confronti del feto; in sintesi, la ricerca s’interessa
all’attaccamento prenatale. L’attaccamento in questione – ovvero la qualità dell’investimento
affettivo prenatale – influisce sui processi della gravidanza, del parto, sulla successiva relazione di
attaccamento genitori-bambino e sullo sviluppo psichico infantile.
tratto da: ESPERIENZE SONORO-MUSICALI PRENATALI E
ATTACCAMENTO SICURO DEL BAMBINO a cura di Elena Benedetti