Estratto dell’intervista pubblicata dalla rivista Cranial Wave
“I pionieri che hanno integrato la terapia biodinamica craniosacrale con la terapia pre-natale e perinatale”.
di Kate White, RCST
Considero Ray Castellino RCST®, RPP, l’Integratore Originale, l’operatore che per primo ha cominciato ad integrare la Biodinamica con le terapie pre e perinatali.
Come hai sviluppato il tuo lavoro?
I miei studi ebbero inizio nel 1968 con Randolph Stone che oltre ad insegnare Terapia della Polarità, era anche un osteopata craniale, un chiropratico e un naturopata. Ebbi il privilegio di avere come compagni di studio Jim Feil, Cindy Rawlinson, Sharon Porter, Jim Said, Chloe Wordsworth, Sandra Castellino, Rod Newton, e molti altri. Dalla Terapia della Polarità approdai alla terapia craniosacrale attraverso la scuola di chiropratica. Ispirato dal dott. Stone volevo davvero studiare l’osteopatia craniale, ma a quei tempi non c’erano ancora Franklyn Sills e John Upledger. Il solo accesso a questa materia era tramite i libri di Harold Magoun (DO) o di Robert Fulford (DO), ispirati al lavoro del dott. Sutherland. L’osteopatia craniale era in forma scritta, altrimenti dovevi andare ad una scuola di chiropratica o di osteopatia. Non volevo prescrivere medicinali o fare chirurgia, così nel 1978 scelsi di andare alla scuola di chiropratica. Sono sempre stato interessato alla nascita e alle domande riguardo al modo in cui la coscienza si manifesta in una creazione fisica. Nel 1969, quando nacque mio figlio, ebbi modo di assistere alla sua nascita e di tenerlo in braccio. Mio figlio è nato in ospedale e guardando adesso al passato non credo che avessimo bisogno di andare in ospedale. Però allora non sapevamo che tutto ciò di cui avevamo bisogno era una buona assistenza ostetrica. La combinazione di questi due percorsi – lo studio della Terapia della Polarità e della chiropratica, da un lato, e la nascita dei miei figli, dall’altro – ha gettato i semi del lavoro che attualmente svolgo. Se il mio primo figlio è nato in ospedale, la mia seconda figlia è nata dieci anni dopo a casa con le levatrici. Sono stato così fortunato da essere presente alla nascita di entrambi i miei figli. Come padre ho sperimentato sia la nascita in ospedale che quella in casa con le levatrici. Stare seduto con i miei figli in braccio, appena nati, mi ha dato l’opportunità di osservare che il loro modo di muovere il corpo sembrava mostrare il modo in cui erano nati. La stessa cosa succedeva con altri neonati quando praticavo la mia versione di polarity e di lavoro craniale. I neonati si muovevano e si comportavano nel modo in cui erano venuti alla luce. A volte facevano suoni simili a quelli che le loro mamme avevano fatto durante il travaglio. Conoscevo Franklyn Sills già dal 1979-80, prima che si trasferisse in Inghilterra, ai tempi in cui partecipavamo insieme ai workshop di Terapia della Polarità tenuti da Jim Said (DC). Quando Franklyn nei tardi anni ‘80 tenne il suo primo training craniosacrale biodinamico in America (organizzato da Mary Louise e Christopher Muller), gli feci da assistente insieme a Claire Dolby (che veniva dall’Inghilterra). Durante quel primo training Franklyn ci disse che lui ed alcuni suoi colleghi avevano istituito una clinica gratuita per bambini piccoli, un giorno alla settimana per un anno. Prendevano chiunque arrivasse lì. Questo fatto mi diede l’idea di aprire nel 1993 con Wendy Anne McCarty una clinica di ricerca no-profit che abbiamo chiamato BEBA, Building and Enhancing Bonding and Attachment (Costruire e Sviluppare il Bonding e l’Attaccamento). Adesso BEBA ha due cliniche in California. Quando cominciai a studiare Terapia della Polarità, craniosacrale e chiropratica – dagli anni settanta agli anni ottanta – lavoravo come operatore unico con singoli clienti. Quando arrivavano i bambini piccoli, venivano sempre con qualcun altro, di solito le mamme. Non mi sembrava giusto trattare il neonato o il bambino come un paziente o un cliente. Se facevo qualcosa di utile per il neonato o per il bambino, volevo che anche le persone che lo accompagnavano fossero capaci di farlo con loro. Questo mi portò a ripensare il modo in cui lavoravo. Quello che diventò più importante per me, più di quello che facevo con i neonati e i bambini, erano le relazioni che loro avevano con madri, padri, fratelli, sorelle e gli altri caregiver (le persone che si prendono cura di loro). Diventava sempre più chiaro che una crescita sana del bambino dipendeva dalla qualità delle relazioni con le persone che si occupavano di lui, come pure dalla qualità delle relazioni che le persone che si occupavano di lui avevano fra di loro. In seguito, negli anni ‘90, è stato provato scientificamente che il sistema nervoso del neonato, la sua fisiologia e la sua crescita dipendono dalla qualità dell’energia di queste sue relazioni primarie. Sono queste relazioni che organizzano il corpo del bambino relativamente a come egli funzionerà nel futuro dal punto di vista fisiologico e psicologico – non solo durante la crescita, ma anche da adulto.
Il modo in cui noi siamo con i bambini influenza direttamente il modo in cui loro cresceranno e funzioneranno, adesso e nel futuro e noi e il nostro intervento come operatori sostenie la relazione del bambino con la madre e gli altri caregiver, influenzando direttamente il bambino a crescere e a “funzionare” in relazione con i suoi cari. Ricordate che il bambino nell’utero (prima di nascere) e il neonato crescono e funzionano durante un periodo di tempo in cui sono dipendenti dalla relazione con i propri caregiver. Se il genitore, il caregiver o il facilitatore del gruppo familiare, sono funzionalmente connessi nella propria relazione con il bambino e con gli altri, il bambino impara ad essere in quel modo e a fare quelle cose. Questa non è un’affermazione da poco! E’ un principio primario. Quando il sistema di un neonato
è capace di organizzarsi e crescere in questa relazione con questo tipo di campo, man mano che crescerà e diventerà un bambino, un adolescente e infine un adulto, avrà pieno accesso al suo pieno potenziale umano. Lo abbiamo visto accadere con quei bambini, adesso adolescenti, con cui abbiamo lavorato nei primi anni del BEBA. Quando lavoravo negli anni ’80 con le famiglie nel mio studio chiropratico, i bambini mostravano la loro storia.
“Diventava sempre più chiaro che una crescita sana del bambino dipendeva dalla qualità delle relazioni con le persone che si occupavano di lui, come pure dalla qualità delle relazioni che le persone che si occupavano di lui avevano fra di loro.”
Mi resi conto che stavo facilitando il modo in cui i bambini e le mamme – o i bambini, i papà e le mamme – erano tra loro connessi. Questo diventò il principio organizzatore con cui iniziammo la clinica per bambini. Prima di iniziare nel 1993 la clinica BEBA, cercavo qualcuno che parlasse la stessa lingua e mi capitò William Emerson. E’ interessante che senza che io lo sapessi, William e Franklyn Sills erano già buoni amici. Noi tre cominciammo a collaborare ed io diventai studente di William. In quegli anni c’era molta confusione nel campo pre e perinatale riguardo a come operare: tra come fare appello alla salute nel sistema di relazioni della famiglia e dove una persona dovesse andare emozionalmente per sentire un po’ di guarigione. Se una persona, a cui è stato insegnato a rimanere in contatto con se stessa, è in grado di entrare con forza nel merito delle proprie emozioni, è molto importante che mentre ciò accade essa venga sostenuta in un modo che la faccia riflettere su se stessa – essere testimone. Ma al tempo stesso, se il suo sistema è forte a livello emozionale, l’effetto del lavoro avviene nel sistema nervoso autonomo (SNA) a livello del mesencefalo, quindi non va ai livelli più bassi del
tronco encefalico: né al rombencefalo, all’amigdala o al livello di funzionamento vagale. Rimane piuttosto nel mesencefalo dove l’emozione si manifesta*. La conseguenza è che il sistema non ha l’opportunità di calmarsi per intero. Per arrivare al livello della regolazione del SNA con un profondo riassestamento, equilibrio e integrazione del sistema, il lavoro deve influenzare profondamente i centri inferiori del cervello. Questo è un grosso concetto e ci vorrebbe del tempo
per parlarne a fondo. Ma per restare alla storia del mio lavoro, credo di averti dato la cronologia.
Sì, la storia evolutiva è importante perché ci aiuta a capire che cosa stiamo diventando. Questo è lo scopo di questa edizione di The Cranial Wave.
William ha contribuito tantissimo. Lui è il campione del vedere il processo dal punto di vista del bambino, e il suo lavoro con le sequenze e gli imprintING precoci è essenziale.
Sì, ed il vostro lavoro è così significativo. Mi sembrava che nessuno di questi discorsi sulla salute nel sistema fosse orientata al metodo catartico quando lo studiavo con William Emerson e Karlton Terry. Tu sei stato quello che ha introdotto questo linguaggio, mi sembra. E’ così?
Credo che sia corretto. In realtà ho portato la nozione di linea mediana, maree fluide e ritmi lenti nel mondo pre e perinatale e nell’ APPPAH (Association for Preand Perinatal Psychology and Health – Associazione per la psicologia e la salute pre e perinatale). L’ho fatto molto intenzionalmente. Sembra che i ritmi che governano un sano funzionamento del sistema nervoso autonomo siano radicati nella marea lunga. Noto che quando non rallentiamo i nostri tempi e non ci mettiamo a seguire i ritmi della marea fluida, i clienti tendono di più ad esprimersi emozionalmente e ad andare nei ricordi di stress e trauma, invece di muoversi in un tempo che aiuta l’integrazione della storia traumatica. L’influenza di Peter Levine è stata di grande aiuto. La chiave per gli operatori, penso, è quella di connettersi alla propria linea mediana, seguire le maree fluide, muoversi ad un tempo che sostenga l’integrazione, dare attenzione alla potenza nel sistema e stare con la forza vitale. Voglio aggiungere un altro pezzo al viaggio fin qui, e voglio davvero onorare il contributo di tutti. Quando studiavo con William, alla fine degli anni ‘80 e all’inizio dei ‘90, e lui, Franklyn ed io collaboravamo, William sollevò la domanda: “Qual è l’esperienza che il bambino ha del viaggio dal concepimento alla gravidanza alla nascita?”. Lui guardava il processo della nascita dal punto di vista del bambino. Quello che avevo fatto fino ad allora – questo è uno dei miei studi privati – era stato di raccogliere una serie di libri di ostetricia e di puericultura dalla fine del diciannovesimo attraverso tutto il ventesimo secolo, fino a questo secolo. Così ho un’intera biblioteca di libri di ostetricia. Ho studiato tutta la mia biblioteca di puericultura e ostetricia. Sembra che ogni dieci anni circa le pratiche ostetriche cambino. Sembra che ci siano tendenze che durano un decennio. Negli anni Venti, Trenta e Quaranta, molta attenzione veniva data alla misurazione della pelvi. Ostetriche e radiologi guardavano al modo in cui la forma della pelvi della madre influenzava il modellamento del cranio. Negli anni venti un gruppo di radiologi (Caldwell, Moloy, e D’Esopo) applicarono la conoscenza che avevano della pelvimetria alle immagini ottenute con i raggi X. Artisti del campo medico poi disegnarono accuratissime immagini delle posizioni dei bambini mentre avanzavano attraverso il canale del parto e fecero delle correlazioni tra la presentazione dei bambini alla nascita e le forme della pelvi materna. Avevano anche accurate immagini dei pattern del modellamento craniale. Devo dire che deploro il fatto che 3000 coppie di mamme e bambini siano stati sottoposti a raggi X durante il travaglio. Non sapevano che esponevano mamme e bambini al rischio di leucemia e neppure osservavano gli effetti che la procedura aveva sul travaglio. In ultimo, non c’era attenzione per il processo di bonding e attaccamento di mamma e bambino e per gli effetti a lungo termine sui bambini, sulla loro crescita e sul diventare adulti. Non avevano idea riguardo agli effetti a lungo termine che questi studi e queste pratiche alla nascita avrebbero avuto sulla crescita mentale emozionale e fisiologica del bambino. Senza conoscere queste precoci ricerche mediche, William e Franklyn guardavano alle fasi della nascita non da un punto di vista ostetrico ma dal punto di vista di quello che stava sperimentando il bambino, specialmente su come arrivava il bambino nella pelvi della mamma – come arrivava nell’ingresso, passava attraverso la pelvi mediana, poi all’uscita, fino alla nascita. Per quel che mi ricordo, William voleva davvero scoprire e ricostruire nei particolari i pattern solamente a partire da quanto le persone mostravano durante le esperienze terapeutiche. William e Franklyn guardavano questi pattern facendo conto solo sulla forma ginecoide delle pelvi. Non consideravano gli altri tre tipi fondamentali di pelvi: antropoide, androide e platipelloide. Il risultato era che molti dei pattern che cercavano di descrivere non avevano senso. Continuavano a cercare di spiegare queste variazioni come eccezioni. Poiché io mi ero studiato tutti quei libri di ostetricia, come pure quei primi studi radiologici, ed avevo studiato chiropratica, dissi: “Guardate, ci sono diverse forme di pelvi. Ognuna di esse ha un effetto sul modo in cui il bambino vi si muove attraverso, e questo modella o dà forma alla testa e al corpo del bambino”. Ho osservato che il processo di modellamento ha effetti profondi sul modo in cui noi, creature bipedi, ci giriamo, gattoniamo, sediamo, stiamo in piedi, camminiamo e corriamo. Lo schema di modellamento si imprime su di noi e influenza il modo in cui noi ripetiamo movimenti comuni, per tutta la vita, momento dopo momento, giorno dopo giorno. Attraverso la ripetizione di questi pattern di movimento, essi diventano come una nostra firma. Il modo in cui ripetiamo successivamente nei nostri movimenti i nostri schemi individuali di modellamento, forma e influenza direttamente il modo in cui il nostro corpo cresce, come ci muoviamo e ci sentiamo oggi. William in quel periodo studiava quelli che lui chiamava conjunct patways (tratti di congiunzione) e conjunct sites (punti di congiunzione), della testa del bambino che avanza attraverso la pelvi della madre. Significa che i punti dove la testa del bambino fa contatto con le strutture pelviche della madre creano impronte in punti specifici o in specifici tratti sul cranio del feto. La premessa di William era che se tu avessi saputo quali erano quei punti e li avessi stimolati o lavorati, avresti potuto indurre nel bambino o nell’adulto la riattivazione dei suoi ricordi della nascita. Oppure se tu avessi messo un adulto nella posizione di nascita, o nella posizione in cui era rimasto bloccato nel canale del parto o nel bacino della madre, la persona avrebbe avuto accesso a quel livello di sensazioni. Guardare alle diverse forme del bacino di fatto chiarì le varianti che William e Franklyn stavano osservando. Come risultato, fummo capaci di creare delle categorie e correlare schemi di movimento, schemi di modellamento del cranio, siti e percorsi congiunti per neonati, bambini e adulti. Spesso eravamo in grado di sapere la forma del bacino della madre semplicemente osservando la forma del cranio di una persona e i suoi principali schemi di movimento durante una regressione somatica o guardando gli schemi di movimento in una sessione di bodywork. E’ davvero utile osservare e riconoscere nei bambini e negli adulti gli schemi di movimento che vengono dall’imprint della nascita. Questa conoscenza sviluppata con i bambini si traduce in un’abilità di osservazione che ci permetta di vedere quando i bambini stanno mostrando la loro storia dopo la nascita. Questa ricerca rafforzò la precedente comprensione che avevo avuto con i miei figli quando erano appena nati – cioè che loro mostravano le loro storie di nascita con i loro movimenti e con l’espressione emozionale. Nel mio lavoro seguente trovai che con i neonati, i bambini e gli adulti, mentre restava assolutamente utile conoscere siti e tratti di congiunzione, non era affatto necessario usarli per indurre una persona, soprattutto un neonato, a riprodurre uno schema di nascita. La mia prima esperienza con i miei figli relativamente a come i neonati mostrano il modo in cui sono nati veniva confermata. Se io mi orientavo alla mia linea mediana, seguivo i ritmi lenti delle maree media e lunga, stabilivo risonanze armoniche con il cliente o con il gruppo e stavo attento all’intenzione della persona presente, il neonato, il bambino o l’adulto ci mostrava naturalmente il suo schema di nascita, oppure ci mostrava uno schema precocemente impresso che fosse in sintonia con la loro intenzione. Questo processo tende inevitabilmente alla guarigione. E sì, credo che i bambini, come gli adulti, dimostrano intenzionalità. L’intenzionalità nei bambini implica tutta una discussione che ci prenderebbe troppo tempo ora. Diciamo solo che nel profondo di ognuno di noi, non importa che età abbiamo, c’è la saggezza per cercare livelli di salute sempre più alti. Tenendo la presenza nei modi che ho appena descritto, si fa appello alla saggezza profonda, innata nel bambino o nell’adulto, e le si dà sostegno. Fare attenzione all’intenzionalità è un altro contributo che ho dato al movimento pre-natale e perinatale. Invece di cercare di riportare alla luce ricordi precoci usando dei mezzi esterni come il respiro continuo o mettendo la persona in una posizione che evoca memorie originarie, lavoro prima di tutto costruendo una baseline. Ho usato di proposito una parola chiave osteopatica qui, la parola baseline. Per me la baseline costituisce il punto di partenza della sessione ed è strettamente associata con la salute che emana dal Respiro della Vita. Se stabiliamo l’intenzione della persona per la sessione, l’intenzione diventa parte della baseline. Spesso i clienti portano a termine una sessione che ci è sembrata essere così spettacolare, ma alla fine, a meno che non abbiamo un modo di misurare da dove siamo partiti, non avremo modo di sapere quanto di fatto è stato compiuto. Se abbiamo una chiara intenzione all’inizio della sessione, diventa possibile controllare alla fine della sessione ed avere una percezione chiara di quanta parte dell’intenzione è stata completata. Questo poi contribuisce a formulare i passi successivi per quel cliente. Più o meno nel 1990, ricordo un’esperienza che ebbi con una delle famiglie con cui lavoravo dopo che avevo chiuso il mio studio di chiropratica. Non racconterò tutta la storia, ma era una famiglia che arrivò con tre bambini da quattro mesi a cinque anni. All’inizio della sessione la mamma mi porse il bambino più piccolo, si sedette sul divano e si addormentò. I due bambini più grandi cominciarono a giocare, e il papà cominciò quella che sembrava essere una regressione catartica spontanea. Non avevo ancora tutta quella finezza di facilitatore di gruppo che ho oggi. Allora facilitai questa famiglia senza la forma che ho sviluppato dopo. Quando la sessione finì e la famiglia se ne andò, loro sentivano di aver avuto un’esperienza molto significativa, ma io ero uno straccio. Immediatamente dopo e come conseguenza di quella sessione, feci due cose della massima importanza. Primo, riflettei davvero molto su ciò che ci vuole per preparare una famiglia prima che venga a fare sessioni. Secondo, realizzai che dovevo fare qualcosa di fondamentale per mettermi nelle condizioni di potermi sedere con una famiglia e fare un lavoro molto migliore rimanendo in contatto con me stesso ed avendo accesso alla percezione della mia linea mediana. Per 20 anni prima di quell’episodio, la maggior parte del mio lavoro era un rapporto uno a uno con una mamma e un bambino. Era molto meno complicato. Per gestire più persone in una sessione ed applicare i principi craniali e della Polarity, avevo bisogno di aprire dei percorsi neurali nel mio cervello in modo da poter autoregolare ed integrare la mia esperienza di operatore mentre facilitavo una sessione con una famiglia. Ipotizzai che se avessi riunito un piccolo gruppo di amici con l’intenzione di esplorare attraverso dei workshop il modo in cui imprint molto precoci o ancestrali influenzano le nostre vite attuali, avrei potuto lavorare con un piccolo gruppo di adulti in un modo molto più strutturato di quello che avevo tenuto con la famiglia che ho appena descritto.
“Diciamo solo che nel profondo di ognuno di noi, non importa che età abbiamo, c’è la saggezza per cercare livelli di salute sempre più alti.”
Inoltre, dato che eravamo adulti, avremmo potuto confrontarci sulle sessioni in modi che non sono possibili con neonati e bambini. Venne fuori che la mia ipotesi era corretta. Fare questi piccoli “Womb Surround Workshops” mi aiutò a diventare di gran lunga più capace di lavorare con bambini e famiglie. Una sorpresa davvero fantastica fu che le persone trovarono quei workshop di tale valore che volevano continuare a farli e cominciarono anche a parlarne ai loro amici. Questo portò allo sviluppo di piccolo gruppi di sette persone chiamati “Womb Surround Process Workshops” che conduco ancora oggi. Ne ho guidati da allora più di 400 – il che ammonta a circa 2100 sessioni individuali all’interno dei workshop. Durante i primi anni ‘90, ho compiuto la mia transizione dalla pratica craniale, chiropratica e di Terapia della Polarità, insomma dalla mia pratica eclettica sono approdato al lavoro con le famiglie con bambini e alla prima versione dei “Womb Surround Process Workshops”. A quei tempi lavorare con famiglie e bambini con l’intenzione di guarire imprint traumatici precoci e favorire l’istaurarsi di bonding e attaccamento salutari non veniva valorizzato nella comunità dove vivevo. Se avessi cercato di guadagnarmi da vivere solo con le famiglie non ce l’avrei fatta. Ma fare il facilitatore dei workshop di tre o quattro giorni al mese con gli adulti che, loro sì, davano valore al lavoro di crescita, mi rese possible sostenere economicamente la mia famiglia. Quando un operatore inizia a lavorare con un nuovo bambino ed ha un po’ di empatia con lui, il bambino si apre a mostrargli la sua storia. Le tematiche di controtransfert che si attivano nell’operatore in relazione al proprio sviluppo infantile sono di vasta portata. La mia identificazione con quello che i bambini stavano vivendo era così acuta, così forte che, all’inizio, facevo una sessione e poi mi ci voleva mezzora, quarantacinque minuti – a volte anche di più – di lavoro su di me prima che fossi in grado di vedere il prossimo cliente. Riflettei che dovevo trovare un modo di fare pratica e scoprire come fare per sentirmi meglio alla fine di una giornata o di una sessione. Così, come ho detto, agli inizi degli anni ‘90 riunii un gruppo di amici a Santa Barbara e cominciai a fare quei gruppi dove esploravamo le influenze pre e perinatali. Questa ispirazione portò allo sviluppo della forma del “Womb Surround Workshop” che tengo ancora oggi. Ho continuato a raffinare questa forma fin dall’inizio, nel 1992. Dal ’92 al ’95 insegnavo alle persone ciò che stavo imparando io attraverso dei workshop di un weekend. A quel punto Mary Louise e Christopher Muller mi dissero: “Perché non metti tutto insieme in un training?”. Così feci. In un modo profondo, cominciai ad addestrare professionisti, perché volevo veder crescere il lavoro – e perché ho un profondo bisogno di avere dei colleghi, pari a me. Ho un background nel campo dell’educazione e un curriculum che continua a crescere. Sono stato direttore del coro e insegnante di discipline umanistiche nelle scuole pubbliche in California. “Okay – dissi – se dobbiamo fare un training, avremo bisogno di chiari obbiettivi educativi”. Di conseguenza, creai una tassonomia di parecchie pagine di abilità che rappresentavano la sintesi di decenni di lavoro. Sapevo che avrei insegnato e che non sarebbe stato come la Terapia della Polarità e neppure come la Terapia Craniosacrale Biodinamica tradizionale. I chiropratici ebbero dei problemi con me, così rinunciai alla licenza. Quello che facevo non rientrava nei parametri di quella pratica. Scoprii che per facilitare un womb surround con gli adulti ci vogliono le stesse abilità che servono per lavorare con una famiglia. Perciò il mio obbiettivo educativo per il training diventò quello di dare alle persone gli strumenti fondamentali per lavorare con le famiglie, con gli adulti e con i womb surround. Il training che sviluppai – sul quale si sono basati i training di Myrna Martin e di altri in Europa – non è focalizzato sul rapporto uno a uno, ossia operatore-cliente. E’ focalizzato sulle relazioni che accadono nelle famiglie, o tra gli adulti, o in piccolo gruppi che includono un operatore e qualche assistente. Guardiamo a come il Respiro della Vita si manifesta in questi diversi tipi di gruppi e l’effetto che un imprint traumatico precoce ha sugli individui e sulle relazioni.
Quindi il mio training è il primo che porta veramente attenzione ai bisogni di un piccolo gruppo o alle relazioni di una famiglia in questo modo. Penso che sia un contributo importante. Poi, intorno al 2000, una levatrice di Santa Barbara, Mary Jackson, che conoscevo da più di 20 anni, fece un “Womb Surround Workshop”. Lei aveva assistito a circa 2500-3000 nascite, ed aveva fatto più o meno lo stesso numero di sessioni con adulti e famiglie. Inoltre, a quel tempo io avevo assistito ad una dozzina di nascite. Ci accorgemmo che, in ciascuna delle nostre differenti attività, avevamo scoperto gli stessi principi di base e gli stessi concetti riguardo ai bisogni dei bambini e delle loro famiglie al momento della nascita, ossia crescere e guarire a partire da inizi difficili. Scoprimmo che durante i “Womb Surround Workshops”, stiamo nel Tempo della Nascita, stiamo nella marea lunga, stiamo portando attenzione alla forza vitale, elementi a cui una levatrice si potrà rivolgere se non incontra troppi impedimenti rispetto a ciò che si deve fare da un punto di vista ostetrico; se la levatrice è capace di stare nel tempo presente ed avere davvero fiducia che i corpi della madre e del bambino sanno già cosa fare; e se è capace di fare spazio perché possa mostrarsi la salute nel sistema. Una cosa è sicura: ad ogni nascita un bambino nascerà. Mary alla fine ha studiato terapia craniosacrale con Michael Shea e ha fatto il mio training. Quando l’ha finito abbiamo iniziato a collaborare. Abbiamo creato un sistema per preparare le famiglie alla nascita. Io e Mary prepariamo le famiglie che si rivolgono al suo studio di ostetricia. Con le famiglie facciamo minimo due sessioni, a volte di più. Qualche volta vado ad assistere alla nascita, qualche volta no. Abbiamo creato un sistema di supporto non solo per le famiglie, ma anche per le ostetriche ed il loro team. Abbiamo creato più livelli di sistemi di supporto, in modo che la mamma e il bambino possano cooperare alla nascita nel modo migliore possibile. Al momento di questa intervista Mary ha già assistito a oltre 120 nascite delle famiglie che hanno seguito il programma, con meno del 5% di trasferimenti all’ospedale e solo 3 cesarei. Il tasso normale di trasferimenti all’ospedale per le levatrici adesso è tra il 15 e il 45%, in base all’area dove la levatrice opera. Prima del nostro programma Mary riferisce che il suo tasso di trasferimenti all’ospedale era intorno al 20%. Per di più, ha anche avuto una serie ininterrotta di 63 nascite senza nessun trasferimento all’ospedale. Allora perché è accaduto? La ragione è che io, lei e il suo team di ostetriche stiamo imparando a stare nella nostra linea mediana, orientarci alle maree fluide, levarci di mezzo, rivolgerci alla forza vitale, dare attenzione a ciò che accade nelle relazioni, dare e ricevere supporto e aver fede nella salute del sistema.
“Non mi sembrava giusto trattare il neonato o il bambino come un paziente o un cliente. Se facevo qualcosa di utile per il neonato o per il bambino, volevo che anche le persone che lo accompagnavano fossero capaci di farlo con loro. Questo mi portò a ripensare il modo in cui lavoravo.”
Che bella storia. Quello che cerco di dare alla comunità craniale con questo scritto è un senso di dove siamo. Che cosa diresti ad un nuovo operatore craniosacrale una volta che si assesta nel campo?
Ottima domanda. Prima di tutto, per fare il miglior lavoro che uno può fare, ha bisogno di conoscere la propria storia. Con questo voglio dire ricavare un senso coerente dalla propria storia ed avere un certo livello di integrazione somatica rispetto alla propria storia. Come terapisti orientati al corpo, lavorare con gli altri sicuramente attiva le nostre ferite e la nostra storia traumatica precoce. Per fare questo lavoro, sviluppiamo l’abilità di essere presenti e avere consapevolezza delle sensazioni nel nostro corpo, di quelle sottili, e di quelle a volte non tanto sottili. Sappiamo che la mente, le emozioni e il corpo, funzionano e lavorano insieme. Questo è un processo somatico e psicologico. I due livelli sono inseparabili. Ognuno di noi ha bisogno di un solido supporto e di un’attenta riflessione; abbiamo bisogno di un training serio e affidabile e di supervisione. Oltre a ciò il nostro lavoro ci richiede di avere una certa conoscenza della nostra storia di modo che quando si manifesta, siamo in grado di differenziare quello viene attivato in noi da quello che sta succedendo nel cliente. Vuol dire che dobbiamo avere le abilità che ci permettono di di stinguere tra il presente e il passato. Ed anche quelle di saper trasformare la nostra attivazione e il nostro controtransfert, in comportamenti terapeutici utili, che facciano bene non solo al cliente ma anche a noi. Come operatori, tanti di noi hanno la credenza errata che dobbiamo fare tutto da soli. Tanti di noi soffrono per ferite da isolamento. Ci hanno separato dalla mamma alla nascita, tenuti in scatole di vetro o di plastica, in isolamento, lasciati soli a piangere nelle culle, più tardi da bambini ci hanno mandati nelle nostre stanze, a sbrigarcela da soli. Ci hanno fatto questo quando quello di cui avevamo veramente bisogno era un contatto accogliente, pelle a pelle, con le nostre mamme alla nascita, contatto umano, compassione e adulti intorno a noi capaci di riconoscerci come esseri senzienti fin dal principio. Da bambini avevamo bisogno di comprensione, protezione, guida, confini ed attenzione amorevole. La nostra storia comune di isolamento fa sì che molti di noi quando hanno bisogno di sostegno vanno nell’evitamento, e addirittura a volte non ce ne rendiamo neppure conto. Perciò il training non è solo per imparare come lavorare sui traumi precoci degli altri, ma imparare a ricavare un senso dalla nostra storia, e sviluppare la percezione di possibilità che si aprono, in una prospettiva più rilassata. Lavorare con gli altri non richiede solo sapere come dare supporto agli altri, ma, in un modo molto profondo, sapere come ricevere supporto per noi stessi. In un certo senso, una parte del training consiste nell’imparare come trasformare le nostre storie traumatiche in un patrimonio di competenze, che ci rendano capaci di lavorare efficacemente con i clienti, con le nostre famiglie e con noi stessi. Impariamo come trasformare separazione e isolamento in amore compassionevole nella relazione con noi stessi e con gli altri.
Quindi, ciò che raccomandi è che una volta che gli operatori hanno finito i 10 moduli del training di craniosacrale, continuino facendo un altro training con te. E’ questo l’optimum?
Si, questo è l’optimum.
E se non possono continuare e fare il training con te o con qualcun altro sulle tematiche pre e perinatali, che cosa raccomanderesti?
Beh, io non prendo scorciatoie. La forza vitale, così come ne faccio esperienza io, non mi permette di prendere scorciatoie. Ogni volta che cerco di prendere una scorciatoia, sto imbrogliando me stesso e le persone con cui lavoro, perciò non prendo scorciatoie. Almeno provo a non farlo. Mi piace fare le cose nel modo più pieno possibile. Quindi, che cosa raccomando? Raccomando esattamente quello che ho fatto io. Ho costruito un training che riproducesse ciò di cui avevo bisogno io per poter fare ciò che faccio. Anche se qualcuno ha fatto la formazione di craniosacrale e lavora con clienti singoli, gli ci vorranno comunque da cinque a dieci anni per sviluppare appieno le abilità craniali. Integrare gli strati pre e perinatali può essere fatto nello stesso periodo di tempo, e ci vuole un supporto veramente competente per farlo. Ora qualcuno potrebbe dire: “E’ troppo tempo”, ma, ascolta, io ho 65 anni! E ho cominciato a fare questo lavoro intorno ai 25. Allora, che cosa ci vuole? Facciamo quello che ci vuole! Via via che cresciamo, che ci evolviamo, diventiamo più efficaci. Posso insegnare adesso in un modo di gran lunga più efficace di 10 anni fa, e di gran lunga più efficacemente di quanto mi ci volle a me per impararlo.
Vedo che le cose stanno accelerando, Ray. Vedo questa onda interdisciplinare. Ci sei tu, Somatic Experiencing (SE), le neuroscienze, l’attaccamento, tutte queste cose stanno confluendo insieme. Il mio obbiettivo in questa intervista è portare consapevolezza e comprensione all’integrazione tra BCST (Terapia Cranioscacrale Biodinamica) e le tematiche pre e perinatali.
Si, quello che stiamo facendo è interdisciplinare. Il lavoro è molto eclettico. Il lavoro del dott. Randolph Stone, tanto per fare un esempio, è molto eclettico. Il mio lavoro è molto eclettico. Il nostro è un movimento di Rinascimento dei nostri tempi. Stiamo integrando tantissimo da così tante discipline diverse. E’ un tempo molto ricco. Hai menzionato Somatic Experiencing. Nel 1995 andai a studiare con Peter Levine, e il lavoro di Somatic Experiencing (SE) ha una profonda influenza su quello che facciamo tutti noi, ed ha una profonda influenza su ciò che faccio io. Molti operatori SE sono passati dai miei womb surround workshops e hanno fatto il training con me. Loro stanno integrando il mio lavoro con il loro. Sì, è assolutamente interdisciplinare. Sono grato a tutti gli straordinari insegnanti di così tanti campi diversi con i quali ho avuto il privilegio di studiare, e di lavorare – così tante splendide risorse. Insieme a tutti questi insegnanti, le persone da cui ho imparato di più sono i miei figli e tutte le persone, di qualsiasi età, con cui ho avuto il dono di lavorare.
Secondo te, quali sono le top five, le cinque cose più importanti che un operatore pre e perinatale deve fare?
Beh, ne hai chieste cinque, te ne darò nove. Le ritengo tutte ugualmente importanti, perciò possono essere messe in qualunque ordine. Sono tutte importanti per me, per poter fare il mio lavoro.
1. Avere la possibilità di ricevere un supporto efficace e supervisione.
2. Dare costante attenzione alla propria linea mediana.
3. Dare attenzione alle proprie risorse interne di autoregolazione.
4. Definire quello di cui stai facendo esperienza in modi che supportino te e il cliente.
5. Seguire le tracce dei ritmi lenti delle maree lunga e media. Sintonizzarsi sulla consapevolezza di questi lenti movimenti di marea.
6. Fare attenzione non solo agli schemi percepiti nella persona, ma anche alla qualità dell’energia tra le persone del gruppo o della famiglia. Questo si fa sentendo che cosa succede dentro di noi.
7. Stabilire l’intenzione e/o la baseline del cliente o dei clienti come parte dell’inizio della sessione.
8. Imparare più che si può riguardo alla propria storia e lavorare per trasformarla in una narrazione coerente. Ricavare il senso della propria vita.
9. Fidarsi del Respiro della Vita.
Grazie Kate per questa intervista. Mi ha dato molta gioia parlare con te e preparare l’articolo con te e Linda. Grazie a tutti i lettori che si sono presi il tempo di leggerlo.
*L’amigdala fa parte di una triade di regolazione emozionale, di cui le altre due parti sono il giro cingolato e la corteccia frontale. Nella triade, la funzione dell’amigdala è mediare se il sistema resterà connesso alle funzioni cerebrali superiori o regredirà a funzione primitive di sopravvivenza e vita vegetativa.